Onorevoli Colleghi! - Per poter parlare della soluzione dei problemi connessi con la minorazione uditiva infantile, congenita o acquisita prima che il bambino abbia imparato a parlare, appaiono opportune alcune precisazioni preliminari di carattere generale.
      Un evento, morboso o accidentale, che non è stato possibile evitare con l'opportuna prevenzione e i cui effetti non è stato possibile rimuovere con gli adeguati interventi terapeutici e riabilitativi, determina una minorazione permanente (fisica, psichica o sensoriale che sia) che a sua volta può dare luogo ad una disabilità. Solo quando questa disabilità è confrontata con le necessità personali o sociali, essa può tradursi in quello svantaggio che il linguaggio dei nostri giorni definisce handicap. È, pertanto, evidente come non tutte le minorazioni comportino necessariamente un handicap. In presenza, ad esempio, di una sordità precoce lieve o media, la diagnosi precoce, l'altrettanto precoce protesizzazione, accompagnata da un periodo di terapia logopedica per la correzione di eventuali dislalie, consentiranno al bambino audioleso di acquisire perfettamente la capacità di ascolto e il linguaggio verbale, facendogli dimenticare o quasi di avere una minorazione sensoriale permanente. Proprio come l'applicazione di lenti correttive adeguate fa dimenticare, nella maggioranza dei casi, al bambino di essere miope. È necessario, tuttavia, ricordare che residui uditivi anche importanti, se non stimolati precocemente, tendono a ridursi fino a scomparire. È così che tanti bambini ipoacusici, ancora non moltissimi anni fa, avviati alla scuola speciale o, peggio, ricoverati in istituto, diventavano sordi. Diverso è il caso quando ci si trova di fronte ad una sordità precoce grave o profonda. La diversità, tuttavia, attiene al grado di recupero dello svantaggio, al livello di autonomia raggiungibile, insomma alle possibilità di successo nel superamento dell'handicap, non certo al modo o ai mezzi per affrontare la difficoltà. Inoltre, i continui progressi

 

Pag. 2

scientifici nella tecnologia protesica consentono miglioramenti costanti nel recupero dei bambini anche più gravemente sordi. Secondo le statistiche europee, ogni 1.000 nati, da 1 a 1,5 presentano una lesione auditiva (lieve, media, grave o profonda) congenita o acquisita in età precoce. Di questi audiolesi, dal 30 al 32 per cento presentano turbe associate. Sembra ragionevole attendersi che questi abbiano maggiori difficoltà di comunicazione dei sordi puri. Oltre il 70 per cento di questi audiolesi nascono da genitori udenti. Sembra ragionevole attendersi che questi ultimi desiderino che i loro figli imparino a parlare il prima e il meglio possibile.
      In Italia nascono o diventano in età precoce sordi profondi 150 bambini all'anno, sparsi su tutto il territorio nazionale. La sordità precoce grave o profonda ha un'enorme influenza non solo sullo sviluppo del linguaggio del bambino, ma in generale sulle sue capacità e sulle sue prestazioni cognitive e di apprendimento e sulla sua stessa personalità. Ciò giustifica tutti gli sforzi atti ad assicurare, prima la prevenzione, poi la precocità della diagnosi, dell'adeguata protesizzazione e dell'intervento logopedico abilitativo.
      L'esperienza universalmente consolidata, infatti, dimostra che:

          a) l'inizio dell'intervento logopedico abilitativo nella fascia di età da 0 a 3 anni permette di conseguire un certo livello di risultati (quali che essi siano, in relazione alla gravità della condizione iniziale);

          b) l'inizio di tale intervento tra i 3 e i 6 anni di età consentirà di raggiungere un livello che, a parità di condizioni, potrebbe essere non trascurabilmente inferiore al primo;

          c) sarebbe irrimediabilmente preclusa la possibilità di ottenere i risultati di tali interventi precoci se l'intervento stesso dovesse iniziare dopo i 6 anni di età; vale a dire che l'intervento logopedico sarebbe irreparabilmente tardivo.

      Da tutto quanto esposto conseguono due considerazioni:

          a) il numero relativamente esiguo e la diffusione sull'intero territorio nazionale dei bambini affetti da sordità profonda che ogni anno possono presentarsi ai servizi riabilitativi, da un lato rende più che agevole dedicare, da parte del Servizio sanitario nazionale, l'impegno finanziario necessario al massimo recupero delle loro potenzialità, dall'altro lato rende obbligatoria un'offerta capillare sull'intero territorio nazionale di servizi riabilitativi adeguati anche per il trattamento di questi bambini (non essendo più neanche ipotizzabile un ritorno alla loro segregazione in scuole speciali o, peggio, alla loro istituzionalizzazione);

          b) la correttezza della diagnosi, la precocità e l'adeguatezza della protesizzazione, la precocità e l'efficienza dell'intervento logopedico, a partire dai primissimi mesi di vita, sono determinanti per il grado di successo dell'integrazione sociale.

      Cionondimeno nell'ambito delle diverse strategie riabilitative può assumere importanza per un completo sviluppo cognitivo anche l'apprendimento della lingua italiana dei segni, associata alla riabilitazione orale. Occorre perciò garantire alle famiglie la possibilità di ricevere tutte le informazioni e le consulenze necessarie alla scelta tra diversi percorsi riabilitativi ed educativi. A tale fine le regioni dovranno prevedere nell'ambito dei servizi riabilitativi anche l'apprendimento della lingua italiana dei segni e la possibilità di usufruire, su richiesta, del servizio di traduzione in ambito scolastico ed universitario e nei principali servizi pubblici. Come saranno da potenziare tutti quegli interventi, già previsti dalla legge n. 104 del 1992, tesi a facilitare la comunicazione attraverso didascalie, sistemi telefonici DTS e quant'altro possa agevolare la comunicazione delle persone sorde per migliorarne i livelli di integrazione sociale.

 

Pag. 3